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Issue #053 Perché Vivienne Westwood è stata molto più di un’icona della moda
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Portraits of the late British fashion designer Vivienne Westwood Inez and Vinoodh/Trunk Archive; Juergen Teller; Getty Images; Shutterstock

Perché Vivienne Westwood è stata molto più di un’icona della moda

Con l’inizio della settimana della moda di Londra venerdì prossimo (17 febbraio), Lynette Nylander di Dazed rende omaggio a una delle artiste e stiliste più influenti del Regno Unito

Durante l’adolescenza, da giovane e ingenua seguace della moda qual ero, Vivienne Westwood era per me un idolo. I suoi sono stati infatti i primi capi griffati che ho acquistato. Quando è venuta a mancare a dicembre del 2022 all’età di 81 anni, ho iniziato a riflettere sul suo lascito dopo aver messo da parte la mia sensazione immediata di tristezza e nostalgia. Naturalmente, ci sono i suoi abiti: zeppe estreme, jeans dal cavallo deformato, tessuti in tweed e tartan dai toni intensi e saturi (un accenno alle sue radici operaie del nord dell’Inghilterra). E, naturalmente, ci sono i suoi tipici corsetti, ispirati al suo amore per quelli del XVIII secolo che davano a chi li indossava una postura fiera e sicura. Ma è stato grazie alla sua capacità di tessere i fili delle tante sottoculture, nazioni e paesi che le interessavano che è riuscita a realizzare uno dei cataloghi più estesi e incredibili che il mondo della moda abbia mai visto, uno che ha saputo entrare in connessione sia con gli irriducibili westoodiani sia con la Generazione Z. Vivienne Westwood parlò tanto della sua vita, del suo percorso, della sua storia. 

Catwalk looks from the designer Vivienne Westwood
Getty Images; Shutterstock; Alamy

Quando si trasferì a Londra e si integrò nel nascente movimento punk insieme all’allora compagno Malcolm McLaren, mise in moto un’idea cataclismica di ciò che l’abbigliamento potesse essere, cosa potesse rappresentare e chi potesse coinvolgere. Il loro negozio al 430 di King’s Road celebrava un’idea di alterità e rifiuto della rigidità dello status quo che, forse senza un intento vero e proprio da parte di una stilista più interessata ad agire nel presente che a pensare al futuro, definì un modello per gli altri stilisti che li spronava ad abbracciare i loro ideali e credere nella tribù del potere. In breve, forse non sarai per tutti, ma va bene così. 

Westwood mise anche alla prova l’idea di quello che una stilista potesse celebrare con il proprio mezzo. Negli ultimi anni della sua carriera divenne infatti sempre più diretta su temi politici e ambientali. Con la sua famosa frase “Compra meno, scegli bene, fallo durare”, incoraggiò un consumo più consapevole della moda, molto prima che la parola sostenibilità entrasse a far parte del lessico comune. Mise in discussione le pratiche di fracking dei conglomerati dell’industria petrolifera e del gas, e incoraggiò la liberazione del fondatore di WikiLeaks Julian Assange, il tutto durante la seconda metà della sua vita e con gli stessi capelli, lo stesso trucco e lo stesso atteggiamento strafottente che aveva negli anni ’70. 

Ripenso a me stessa adolescente, che metteva da parte i soldi per comprarsi la borsa nera a bauletto con il logo di Vivienne Westwood ricamato sul lato. Anche se all’epoca non conoscevo tutta la sua storia, forse ciò che mi colpiva era il fatto di vedere una stilista, una donna, così sicura di sé stessa. Non ero un’appassionata di punk rock, ma sentivo il forte desiderio di trovare un esempio della via meno battuta. Attraverso frammenti di storia e un’acuta capacità di raccontare tramite il suo lavoro, mi ha insegnato che tutto è interconnesso, e potrebbe includere anche tutte le nostre storie. Forse la moda è stata il suo mezzo, ma la libertà è stata il suo potere e, in quanto attivista, anarchica e femminista, questo durerà per sempre.

Nata a Londra e residente a New York, Lynette Nylander è direttrice editoriale esecutiva di Dazed ed ex vice redattrice di i-D magazine e Teen Vogue 

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